Urbanistica

Note Italia Nostra al disegno di legge 180 - Seconde case

data: 
Lun, 05/12/2011

In  allegato il testo con le osservazioni sul ddl 180 presentate martedì scorso da Paolo Mayr in occasione dell'audizione in Terza Commissione del Consiglio Provinciale.

 

Un caro saluto, Salvatore Ferrari

Lettera Italia Nostra a Vicesindaco Comune Trento su regolamento edilizio

data: 
Lun, 29/08/2011

Com'è noto, Italia Nostra nacque a metà del '900 per difendere i centri storici dalle trasformazioni edilizie e urbanistiche che hanno devastato e oltraggiato, spesso irreversibilmente, una parte rilevantissima del patrimonio civile e culturale del Paese.
A tale fine, questa associazione si è battuta perché i centri storici fossero tutelati da appositi strumenti urbanistici e da severe norme edilizie, nel tentativo di arginare il devastante connubio tra appetiti speculativi, ignoranza e disprezzo per la cultura.

(continua nell'allegato)

Variante PRG di Carisolo (Val Rendena) - Comunicato stampa

data: 
Mer, 11/04/2007

 

L'area davanti alla chiesetta del potere va salvaguardata

È di questi giorni la querelle sulla stampa locale relativa ad una opinabile concessione edilizia che il Consiglio comunale di Carisolo intenderebbe concedere ad un privato cittadino per la costruzione di un grande albergo nella “famosa” piana di Carisolo, davanti alla Chiesetta del Potere. Ci sorprendono le pesanti e gratuite accuse, mosse dal Sindaco e da Dario Poli, diretto interessato al progetto, nei confronti di chi ha promosso una raccolta firme (per la cronaca sono più di 800, trecento di cittadini residenti, fra cui alcuni amministratori).

Lo scopo della sottoscrizione è di salvaguardare questa località da speculazioni edilizie e di salvare la peculiarità del luogo. Le stesse motivazioni sono state alla base di un intervento che la sezione trentina di talia Nostra già un anno e mezzo fa aveva presentato al Sindaco di Carisolo Diego Tisi e per conoscenza agli assessori provinciali Mauro Gilmozzi e Margherita Cogo e al consigliere Roberto Bombarda. Tali osservazioni al documento preliminare per la revisione del PRG di Carisolo, adottato con delibera consigliare (n.4 di data 16-2-2005), mettevano in evidenza i limiti del metodo adottato nella pianificazione territoriale e urbanistica, relativamente al centro storico, ai siti culturalmente rilevanti, di cui fa parte la Chiesetta della Madonna del Potere, alla creazione di piani attuativi per servizi di pubblico interesse, e sottolineavano testualmente che “Questa lacuna nella pianificazione territoriale non ha impedito agli Amministratori comunali di cambiare la destinazione agricola di un’ampia area davanti alla Chiesetta del Potere e farla diventare area alberghiera (inteso come servizio di pubblico interesse).

Della stessa questione si era occupato allora il consigliere Roberto Bombarda con un’interrogazione (31 maggio 2005) a cui era seguita la risposta dell’assessore Gilmozzi (5 agosto 2005). Aggiungiamo che la stessa Commissione Urbanistica Provinciale aveva dato parere negativo. Dopo quanto espresso sopra che richiama segnalazioni di più di un anno fa, constatiamo positivamente la nascita di una mobilitazione popolare per riuscire ad impedire speculazioni edilizie di tale portata che non hanno nulla a che vedere con lo sviluppo turistico di un luogo, ma sono solo un tornaconto economico per qualcuno. In conclusione la sezione trentina di Italia Nostra ribadisce la non idoneità dell’area per insediamenti per insediamenti alberghieri, in quanto di grande pregio paesaggistico e storico. Si invita pertanto l’Amministrazione Comunale a individuare per tale destinazione un luogo più consono.

Trento, 11 aprile 2007

La sezione trentina di Italia Nostra onlus

 

 
 Aggiornato il 8 giugno 2007

Piano Urbanistico Provinciale (II adozione) - Osservazioni

data: 
Ven, 03/08/2007

 

Osservazioni delle Associazioni ambientaliste trentine alla II adozione del nuovo Piano urbanistico provinciale (giugno 2007)
Cipra Italia - Italia Nostra – Legambiente - L.I.P.U. - Mountain Wilderness - WWF

Assessorato all’Urbanistica e ambiente
Provincia Autonoma di Trento
Via Jacopo Acconcio, 5
38100 Trento

Le sottoscritte associazioni ambientaliste fanno rilevare come risulti difficoltoso per delle associazioni che lavorano a puro titolo volontaristico e in totale assenza di sostegno economico partecipare in modo esaustivo alla valutazione di un documento tanto complesso quale è un Piano Urbanistico Provinciale. Abbiamo quindi potuto elaborare solamente alcune riflessioni in merito alla II adozione del nuovo PUP, che riguardano per lo più aspetti generali della proposta di futura pianificazione territoriale e sociale del Trentino. I tempi a disposizione sono stati inadeguati.

Non vi è dubbio che i documenti che ci sono stati presentati risultino, come da noi esplicitamente richiesto, più ordinati e si prestino ad una lettura più logica e quindi semplificata rispetto agli analoghi elaborati della I adozione. Lo stesso insieme cartografico è oggi più leggibile e ordinato. Rileviamo anche come alcuni temi da noi evidenziati nelle osservazioni presentate lo scorso 15 febbraio (Convenzione delle Alpi, protocollo di Kyoto, Dolomiti patrimonio dell’Umanità, la rete dei parchi e delle riserve naturali) siano stati almeno ripresi e resi espliciti nel documento, anche se poi nei contenuti le carenze presenti sono ancora forti e determinanti.

Dall’area delle “Dolomiti Patrimonio dell’Umanità” sono rimaste escluse catene montuose dolomitiche di grande rilevanza: Cima Uomo- Costabella e Monzoni, una parte significativa del Latemar verso Valsorda, parte delle Piccole Dolomiti. Finora, inoltre, nessuna associazione ambientalista ha avuto modo di poter riflettere sul documento di gestione presentato per la candidatura presso l’UNESCO, né ha avuto la possibilità di leggere in modo compiuto il progetto di sviluppo alternativo del gruppo della Marmolada. Alla faccia della tanto decantata partecipazione, condivisione e coinvolgimento della società intera.

Condividiamo la progettazione della rete dei parchi naturali con le riserve, i biotopi e le aree SIC e ZPS, come condividiamo la necessità di salvaguardare i ghiacciai da ogni possibile erosione meccanica auspicando che queste linee divengano operative in tempi immediati. Condividiamo anche la necessità di definire con urgenza le aree boschive di pregio da tutelare in modo severo e pertanto da inserire nell’elenco delle invarianti. Riscontriamo anche come siano state accolte alcune proposte specifiche relative agli indirizzi per le strategie della pianificazione territoriale e per la valutazione strategica dei piani. Tuttavia non approviamo l’impianto complessivo della nuova pianificazione urbanistica, a partire dal principio della flessibilità, che consente eccessiva discrezionalità alle comunità locali nella gestione di settori strategici per l’equilibrio del territorio in termini di sicurezza, tutela del paesaggio, conservazione della biodiversità. Riteniamo rischioso il processo di trasferimento di numerose competenze dalla Provincia alle comunità di valle.

Non basta enunciare il principio di responsabilità delle comunità di valle per garantire una corretta gestione del governo del territorio trentino. E’ necessario che questo principio fondamentale si trasformi in dovere civico della popolazione e dei suoi rappresentanti. I segnali che giungono dai comuni in tal senso sono quasi tutti negativi; infatti tali enti, come del resto le comunità di valle e gli ex-comprensori, si trovano coinvolti da pressioni dirette che li portano ad adottare scelte discutibili sotto diversi aspetti, economici, sociali e ambientali. Si pensi, ad esempio, agli altopiani di Folgaria – Lavarone, al Tesino, alla Rendena, a Tremalzo. Data la complessità e la fragilità del nostro territorio alpino lo strumento dell’autovalutazione non è certamente adeguato e credibile. Lo stesso SIAT (Sistema Informativo Territoriale) per come viene strutturato è certamente inadeguato alla costruzione di processi partecipativi democratici certi. Il Trentino tutto soffre questo aspetto e gli ostacoli più importanti alla costruzione di processi partecipativi vengono frapposti proprio dalle istituzioni, anche dalla Provincia, ma in modo particolare dai Comuni.

Anche quando si viene coinvolti in un qualche procedimento, a parte forse il lodevole caso del Parco naturale di Paneveggio Pale di San Martino, le informazioni giungono tardive e a decisioni preconfezionate o al termine dei processi decisionali. Si rimane sconcertati nel leggere la piena fiducia che questo PUP porta ancora verso un turismo invernale imperniato sullo sci alpino, tanto da arrivare a delegare alle future comunità di valle la possibilità di “modificare, anche in maniera sostanziale, i perimetri delle aree sciabili” (art. 35, comma 4 delle Norme d’attuazione), già oggi sofferenti in termini economici e di sostenibilità. Mentre all’estero, non solo in Francia, si chiudono le aree sciabili messe in crisi economicamente dalla diminuzione delle precipitazioni nevose e dagli effetti sconvolgenti dei cambiamenti climatici in atto, in Trentino ci si ostina ad investire nello sci alpino economicamente e con ingiustificati ampliamenti delle aree.

Non è casuale che il documento di programmazione, nonostante le nostre osservazioni, ancora oggi risulti carente nell’analisi degli effetti che i cambiamenti climatici porteranno all’economia turistica, agricola e quindi alla qualità della vita delle nostre popolazioni. Riteniamo che vadano bloccati gli investimenti mirati a sostenere forme di turismo ormai in declino e di evidente insostenibilità ambientale, mentre è necessario investire da subito verso alternative di maggior qualità e durata. Rispetto alla I adozione il Piano specifica il tracciato in territorio trentino della linea ad alta capacità ferroviaria, comprese le circonvallazioni di Trento e Rovereto. Stigmatizziamo che tali decisioni si siano concretizzate in un tempo sorprendentemente breve e in assenza di un vero confronto con i cittadini e con le amministrazioni locali.

Si rileva che anche nella II adozione, pure a fronte dell’introduzione di rilevanti novità, manchi totalmente un’analisi della situazione attuale che dimostri la necessità di questa nuova infrastruttura. Anche la mobilità interna va ripresa con attenzione, anche quando descritta come alternativa. E’ necessario investire con realismo e non con una serie immaginifica di linee che si inseriscono nei monti e portano i pendolari in città.

E perché poi… Ci sembra realistico ad oggi offrire una risposta serie e attuabile in tempi ragionevoli alle necessità di mobilità alternativa, basata sulla ferrovia o su linee metropolitane, all’asse Nord Sud dell’Adige e al potenziamento della Valsugana e della Trento-Malè. A proposito dei progetti di collegamenti ferroviari tra Trento e le valli (Metroland) – recentemente presentati alla stampa locale – stupisce il fatto che di essi non ci fosse traccia nella prima adozione del Piano Urbanistico, mentre nella seconda si parla genericamente di “cinque corridoi interni”, rinviandone la definizione e la valutazione al Piano della mobilità integrata. Riguardo la mobilità presentata come alternativa delle linee funiviarie (Pinzolo – Madonna di Campiglio, Levico – Panarotta e Fiemme) ci sembra più un progetto teso a scavalcare il dettato delle norme europee in termini di finanziamento pubblico di strutture private che quello di offrire un reale servizio alle popolazioni residenti o ai turisti. Le associazioni ambientaliste trentine ribadiscono la loro netta contrarietà al potenziamento delle aree sciabili, anche con collegamenti fra aree diverse come la Pinzolo – Campiglio verso Plaza e la San Martino – Passo Rolle.

Non è poi comprensibile la scelta di demandare agli strumenti pianificatori di secondo livello, cioè a livello locale, gli allargamenti delle aree sciabili di Lusia verso Passo San Pellegrino, del polo sciistico di Folgaria – Lavarone, di Pampeago, delle aree Catinaccio – Buffaure – Ciampac (ma con Val Jumela non era terminata l’espansione di queste aree sciabili???), Folgarida- Marilleva. Condividiamo invece gli stralci delle aree delle loc. Busa dei Gai e Molveno – Andalo riguardo l’area della Paganella. Anche questa seconda adozione del PUP non stabilisce parametri e strumenti sufficienti per evitare un ulteriore consumo del territorio e processi degenerativi irreversibili. Per quanto riguarda la ridefinizione delle aree agricole chiediamo la riconferma dell’intera zona dei Laghetti di Vela - recentemente individuata dalla Giunta Provinciale come localizzazione di tre attività industriali - come area agricola di pregio, così come indicato nella prima adozione al PUP.

Chiediamo, inoltre, di riportare ogni intervento di bonifiche agrarie o di cambi di colture superiori ai tre ettari alla Valutazione di Impatto Ambientale. Anche in questi mesi abbiamo avuto dimostrazione di cosa abbiano significato certe bonifiche rilasciate con superficialità, bonifiche che hanno portato ad erosione dei terreni, a caduta della fertilità dei suoli, alla necessità di interventi sempre più artificiali e quindi a sconvolgimento dei regimi idraulici delle zone. Riteniamo, infine, inaccettabile che a fronte delle oltre 100 osservazioni, di ordine generale e puntuale, presentate lo scorso 15 febbraio le scriventi associazioni abbiano ricevuto una risposta di sole 4 righe. Attendiamo fiduciosi, come prevede la normativa, le doverose risposte puntuali ad ogni osservazione da noi avanzata. Per quanto non trattato nel documento e per quanto non recepito delle osservazioni alla I adozione del nuovo PUP, le sottofirmate associazioni ribadiscono le tesi, le proposte e le valutazioni elaborate in quell’occasione. Conclusioni I tempi nuovi, le emergenze che stiamo affrontando a livello ambientale e sociale, a nostro avviso avrebbero dovuto portare la Provincia a pensare e proporre uno strumento urbanistico di indirizzo veramente innovativo.

Qui siamo davanti ad una serie di documenti ricchi di termini che tutti condividiamo (eccellenza, paesaggio, innovazione, qualità), ma che vengono poi umiliati dalle scelte concrete quando non si indicano limiti precisi nell’edificabilità dei suoli, quando ci si ostina ad investire in ampliamenti di aree sciabili, quando strumenti come il vincolo idrogeologico e la tutela delle acque vengono superati da pianificazioni generiche di territori vasti e si perde di vista ogni situazione puntiforme e particolare (vedi ultime leggi sulle acque, sulla montagna e risorse forestali). Trento, 3 agosto 2007

Le associazioni ambientaliste

Italia Nostra onlus - Paolo Mayr
Legambiente - Maddalena Di Tolla
L.I.P.U. - Sergio Merz
Mountain Wilderness - Renata Tavernar
WWF – Francesco Borzaga

Trento, 3 agosto 2007

Il cemento flessibile.

data: 
Ven, 21/12/2007

 

Intervista pubblicata su “CartaQui EstNord” (p.7)
supplemento del settimanale “Carta: cantieri sociali”
21 dicembre 2007 (n. 45)

di Roberto Antolini

Il Trentino ha una lunga tradizione di avanzate sperimentazioni nel campo degli strumenti urbanistici. Risale al 1964 la prima legge di governo complessivo del territorio, e nel 1967 è arrivato il primo Piano urbanistico provinciale [Pup]. Ma ciononostante [evidentemente la teoria non era stata praticata nel modo migliore] nel 1985 avviene il disastro di Stava: crollano i bacini di un impianto industriale e travolgono 268 persone.

Una ondata di riformismo ambientale ha investito in un primo tempo la Provincia autonoma di Trento, e nel quinquennio 1988-1991 – dopo la revisione del Pup votata nel 1987 – è stato votato un pacchetto di leggi avanzate sulla tutela del territorio. Ma è durata poco, e gli esiti raggiunti sono stati un po’ svuotati da una gestione accomodante.

“Mancò nella legislatura prodotta – dice oggi l’assessore all’ambiente di allora Walter Micheli – una regola essenziale, quella in grado di tutelare le previsioni del piano dalle eversive rivendicazioni dei localismi diffusi che erodevano la possibilità di raggiungere gli obiettivi del piano”. L’attuale giunta Dellai ha spesso dimostrato un fastidio sostanziale per le norme di tutela, finendo l’opera di svuotamento con una proposta di revisione del Pup tutta imperniata sul criterio della “flessibililizzazion”, dove alle nobili premesse teoriche rischia di corrispondere uno svuotamento dall’interno della normatività stessa degli strumenti urbanistici.

Ne parliamo con Salvatore Ferrari, vicepresidente di Italia Nostra trentina.
Italia Nostra è critica con questa revisone del Piano Urbanistico Provinciale (PUP) del Trentino, perché?

Questo terzo PUP arriva con quasi 10 anni di ritardo. Il PUP del 1987 doveva avere durata decennale, e quindi negli anni 97/98 si sarebbe dovuto farne un bilancio, da cui trarre le indicazioni per la revisione. La revisione invece arriva solo oggi, con l’adozione definitiva da parte della Giunta Provinciale lo scorso 7 settembre, mentre all’inizio del 2008 il PUP passerà in Consiglio Provinciale per l’approvazione finale.

Parallelamente la Giunta ha presentato un disegno di legge di revisione della legge urbanistica provinciale, che ridefinirà gli strumenti di pianificazione e governo del territorio. Quella in vigore fu approvata nel 1991 e aveva tra i punti fondanti il trasferimento di alcune competenze urbanistiche ai Comuni, togliendole ai Comprensori – enti amministrativi intermedi – che l’avevano gestite a partire dagli anni Settanta.
Agli inizi degli anni ’90 la soppressione dell’ente comprensoriale sembrava imminente e quindi si era pensato di passare ai Comuni queste deleghe, però con un obiettivo che – ahimè – non è andato in porto: la pianificazione urbanistica sovracomunale. Purtroppo sono stati pochissimi i piani regolatori generali intercomunali! Dopo 16 anni di applicazione della L.P. 22/1991 credo si possa evidenziare il fallimento di questo esperimento.

Gran parte dei comuni trentini, soprattutto i più piccoli, privi di competenze specifiche, di strutture tecniche adeguate, ma anche di cultura della pianificazione urbanistica, non hanno certo favorito uno sviluppo sostenibile del territorio. Viceversa con i PRG le amministrazioni comunali hanno previsto un costante incremento delle aree edificabili; quindi un maggior consumo di territorio, anche laddove esistevano ampie possibilità di riqualificazione del patrimonio edilizio esistente (centri storici in primis).

Con il ricorso alle DIA (Dichiarazioni di Inizio Attività), inoltre, è diminuita la vigilanza sull’attività edilizia, con pesanti ripercussioni sulla qualità architettonica degli interventi. Con il nuovo Piano torna un livello intermedio tra quello della pianificazione provinciale e quello dei piani regolatori comunali. Tale funzione, un tempo svolta dai Comprensori, verrà esercitata da un nuovo ente – istituito con la riforma istituzionale del 2006 (L.P. 3/2006) -, la Comunità di Valle, un organismo non previsto dalla Costituzione e che deve ancora decollare. A queste comunità la Provincia Autonoma di Trento delega non solo competenze che ora sono in capo ai Comuni, ma anche competenze gestite fino a questo momento dalla Provincia. Si prevede cioè un trasferimento di deleghe che riguardano la gestione di settori strategici per l’equilibrio del territorio in termini di sicurezza, tutela del paesaggio e conservazione della biodiversità, senza inserire nella normativa provinciale punti fermi sufficienti, lasciando di conseguenza ampia discrezionalità alle comunità locali.

La cosa è stata presentata nel dibattito politico locale come una “flessibilizzazione” degli strumenti urbanistici, una democratizzazione della gestione del territorio.

Se la flessibilità non sarà coniugata con i criteri di responsabilità e competenza si rischia di andare verso una fase di anarchia urbanistica, dove ogni territorio potrà utilizzare le linee guida, che comunque il PUP fornisce, declinandole in modo assolutamente diversificato. Quindi potremmo trovarci in Trentino con 15 modi diversi (quante saranno le comunità di valle) di applicazione dei criteri generali. E qui rischiamo di avere una maggiore pressione dei gruppi di interesse locali, che possono avere gioco facile nell’influire sul lavoro degli organi delle comunità (presidente, giunta esecutiva, assemblea), che non saranno nemmeno eletti direttamente dai cittadini.

Nei provvedimenti legislativi di applicazione del PUP (Norme d’attuazione e Legge urbanistica) tutto ciò che riguarda la vigilanza, il controllo, la verifica del rispetto delle linee guida per un governo del territorio veramente sostenibile non trova una definizione chiara e vincolante. Si lasciano ampi spazi di manovra a coloro che dovranno redigere i Piani territoriali delle comunità. La cosa ci preoccupa proprio sulla base dell’esperienza della gestione comunale ricordata prima. Ci sono degli esempi che ci fanno capire cosa potrà accadere, come quello dell’espansione delle aree sciabili. L’articolo 35 delle Norme d’attuazione prevede la possibilità di “modificare, anche in maniera sostanziale, i perimetri delle aree sciabili” previsti dal PUP.

Finora ciò che veniva fissato nella cartografia del piano non poteva essere modificato da strumenti di pianificazione subordinata, adottati da enti inferiori alla Provincia. Tutto ciò viene capovolto. Temo che il nuovo PUP sia più uno strumento di programmazione economica che un piano urbanistico, orientato verso un sviluppo quasi senza limiti, in una fase in cui – io credo – sarebbe necessario cominciare a discutere di concetti come la “decrescita”, con i quali si fa il punto su che cos’è questo territorio, su quali sono le esigenze vere dei suoi cittadini, di quali sono i limiti concreti che il territorio pone.

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