

Arena Rock — Folovoltaico – Cedis
IN TRENTINO ANCORA INACCETTABILI AUMENTI DEL CONSUMO DI SUOLO
L’urgenza di attivare azioni volte a conseguire l’obiettivo di azzeramento del consumo netto di suolo, pena l’irreversibilità dei gravissimi danni che l’uomo sta producendo sul pianeta, ha indotto l’Italia ad allinearsi con il termine del 2030, data fissata dell’Agenda Globale per lo Sviluppo Sostenibile, anziché con il termine del 2050 fissato dall’UE.
Una decisione impegnativa, assunta con l’approvazione del Piano nazionale per la transizione ecologica (PTE) approvato dal Comitato interministeriale per la transizione ecologica (CITE) l’8 marzo 2022 (pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 15/6/2022 n. 138), trasmesso dall’Italia all’Unione Europea.
Ma, nonostante gli impegni assunti dalla Nazione e le continue richieste di inversione di tendenza che arrivano dal mondo scientifico, dalle associazioni ambientaliste e dalla cittadinanza, gli amministratori pubblici non riescono – o non si dedicano – ad invertire la tendenza di un continuo e notevole sfruttamento del territorio.
Ancora una volta, infatti, l’ultimo report sul consumo di suolo dell’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA) riporta dati in aumento rispetto agli anni precedenti.
A livello nazionale nel 2024 siamo passati da un preoccupante dato dell’anno precedente di 72 kmq/anno a 83,7 kmq/anno di suolo libero perduto, che equivale al passaggio da 2,3 mq/secondo ad un vertiginoso 2,7.
La provincia di Trento non è da meno: da 366 metri quadrati pro capite consumati a 382, riconfermandoci ancora una volta ad un livello superiore alla media nazionale, che si attesta sui 366 metri quadrati pro capite (364 nel 2022).
Già nel rapporto dell’anno precedente ISPRA aveva espresso le seguenti considerazioni “si tratta di un ritmo non sostenibile che dipende anche dall’assenza di interventi normativi efficaci in buona parte del Paese o dell’attesa della loro attuazione e della definizione di un quadro d’indirizzo omogeneo a livello nazionale”.
Anche Italia Nostra ha da sempre sollevato la problematica, sollecitando interventi di contenimento del fenomeno espansionistico a discapito dei terreni liberi e della loro vocazione agricola o boschiva. Sia a livello nazionale che provinciale numerose sono state le battaglie contro le aggressioni al territorio naturale, già a partire dagli anni ’60 del secolo scorso, proponendo le alternative del recupero del patrimonio esistente, della rigenerazione urbana e promuovendo la tutela delle aree agricole come “bene comune”. Infatti la conservazione del suolo è argomento che interessa la collettività intera. Il suolo non è una superficie amorfa, leggibile solo nella sua dimensione bidimensionale di area sulla quale poter intervenire ma, come ci insegna il prof. Paolo Pileri, ha la fondamentale componente di tridimensionalità: nei suoi 30-40 cm di spessore è nata la primigenia vita sulla terra e proprio lì continua a svilupparsi la biodiversità e il sostentamento alimentare di tutti gli esseri viventi. Inoltre le aree naturali, con la loro vegetazione, concorrono al contenimento dei rischi idrogeologici, all’assorbimento e al deflusso delle acque piovane, assicurano adeguati habitat alla fauna e alla flora autoctone, l’ossigenazione dell’aria, l’ombreggiamento e la mitigazione degli effetti dei cambiamenti climatici. Senza una dimensione adeguata di suolo naturale è impossibile garantire il benessere e la continuità degli esseri viventi.
È per tutti questi motivi che costituisce un dovere assoluto per tutti, e soprattutto per gli amministratori, rispettare gli indirizzi dell’Agenda 2030 e porre in atto azioni efficaci per l’azzeramento del consumo di suolo. Non c’è più altro tempo, non è più possibile posticipare interventi fattivi.
Invece i nostri amministratori non sembrano preoccuparsi di ciò.
A parole si dicono tutti consapevoli della situazione ma nei fatti si prosegue come sempre, o meglio: peggio di sempre, stando ai dati rilevati.
Nel marzo 2025, in occasione dell’approssimarsi delle elezioni comunali del 4 maggio, Italia Nostra ha pubblicato un documento-aperto dal titolo “Appunti per i nuovi amministratori comunali” chiedendo a tutti i candidati -oltre all’impegno a ricucire il rapporto tra politica e cittadinanza vistosamente sempre più incrinato- un’attenzione specifica ai temi più critici del momento. Tra questi gli effetti del cambiamento climatico-ambientale, la tutela del paesaggio, la valorizzazione e rivitalizzazione dei centri storici e non da ultimo il tema del limite definitivo al consumo di suolo libero.
Certamente tutti avevano nel programma elettorale la voce relativa alla salvaguardia ambientale, ma ora urge passare ai fatti mentre si assiste ad un immobilismo desolante.
Non è accettabile la dichiarazione dell’assessora all’urbanistica del Comune di Trento, secondo la quale l’impossibilità di un’azione concreta da parte dell’amministrazione comunale dipende dal lungo tempo di approvazione delle eventuali Varianti ai PRG, difronte alla quale ci si chiede come mai, avendo presente la tempistica necessaria, in 7 anni di consiliatura non si sia ancora avviata una simile revisione. E comunque un segnale importante di “buona volontà” da parte del comune di Trento, poteva -e può- essere dato in qualsiasi momento, con una procedura velocissima che necessita unicamente di una delibera consiliare di modifica del regolamento edilizio dove si impone l’obbligo di conservazione di quota parte di lotto permeabile negli ormai numerosissimi interventi di sostituzione edilizia che si registrano sul territorio. Interventi dove preziosi spazi pertinenziali permeabili, vengono “sigillati” mediante la realizzazione di garage interrati che occupano l’intero lotto. E proprio su questo tema, sarebbe anche interessante che l’assessora Baggia informasse la cittadinanza sullo stato del “Progetto R.E.C. – Dentro la sfida del clima” e sui tempi per renderlo finalmente operativo.
Insomma, ciò che è davvero necessario è una volontà precisa, un definito disegno programmatico per attivare, IN TEMPO, modalità di gestione del territorio orientate alla salvaguardia del bene comune.
A Trento il progetto prescelto per la nuova funivia del Monte Bondone – con le sue tre stazioni – richiederà un notevole sacrificio di suolo pregiato ed il suo pressoché totale azzeramento nel sobborgo di Sardagna (cosa che non sarebbe successa con il mantenimento dell’attuale tracciato), mentre la soluzione per l’Hub intermodale di trasporto pubblico all’ex SIT ha decretato l’”intombamento” totale dell’area (e non si parli di “giardino urbano” per la “copertura a verde” del solettone).
Per quanto riguarda invece la Provincia, abbiamo esempi ancora più eclatanti: l’Arena Rock con 27 ha di terreno agricolo bruciati e le opere per le Olimpiadi invernali 2026 con 13,6 ha, per non parlare della diffusione sempre più veloce degli impianti fotovoltaici a terra, passati da 420 ha del 2023 a 1700 ha nel 2024, di cui l’80% su terreni agricoli.
- In questo desolante contesto non si è visto alcun progetto di rinaturalizzazione, come previsto dal Fondo per il contrasto del consumo di suolo (legge di bilancio nazionale 2023) -che finanzia progetti di riqualificazione di suoli degradati- e come indicato dalla Nature Restoration Law (Legge sul ripristino della natura) approvata dall’Unione Europea nel 2024, che impone agli Stati membri di ripristinare gli ecosistemi degradati.
- Con che coraggio poi ci presentiamo come comune e come provincia “verdi”?
Trento, 26.10.2025
Italia Nostra sezione di Tento
Il Consiglio direttivo

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