Interventi a sostegno del territorio

Incompreso dagli ambientalisti - Lettera aperta al Governatore

data: 
Lun, 04/07/2005

 

Lettera aperta al Governatore del Trentino in merito alla "presunta" poca disponibilità al dialogo degli ambientalisti trentini.

POVERO GOVERNATORE INCOMPRESO

Povero governatore, egli si lamenta vivamente perché gli ambientalisti non sono disponibili al dialogo.
Eppure lui vorrebbe con l’inceneritore eliminare nel fuoco purificatore i maleodoranti rifiuti che ammorbano l’ambiente, tanto le materie prime e l’energia sono inesauribili.
Eppure non è stato presente ad alcun dibattito sul tema, lasciando così piena libertà agli ambientalisti di esprimere le proprie idee.
Eppure si guarda bene dall’aggiornare alle nuove realtà il piano provinciale di smaltimento dei rifiuti; perché l’importante è la fermezza nelle decisioni.
Eppure temporeggia sul completamento della Valdastico fino alla val d’Adige, non può certo contrastare gli intenti del suo luogotenente.
Eppure non sembra invece aver alcuna intenzione di modificare la ferrovia della Valsugana, stupenda opera del Genio Austriaco. Perché quindi non conservarla integra, munendola di eleganti trenini, che la percorrono alla fantastica, rilassante velocità media di 50 Km all’ora?
Eppure egli non manca occasione per finanziare i suoi amici cacciatori, in modo che possano svolgere la loro benefica azione ecologica.
Povero governatore, veramente incompreso dagli ambientalisti.
Eppure egli ha tagliato i fondi alla cultura , in modo che si potesse risvegliare un sano movimento di volontariato.
Eppure egli, con rara sensibilità, ha sottoscritto il patto per il collegamento Pinzolo - Campiglio attraverso il Parco Adamello – Brenta proprio nella sede di questo, per farci capire che gli impianti e le piste rientrano nei principi istituzionali del parco naturale.
Eppure il nostro governatore iper attivo, dopo tanti altri episodi nei quali ha dimostrato la priorità dell’ambiente, ha badato bene di inserire gli amici ambientalisti nei relatori della “Conferenza provinciale sulle aree protette”in preparazione per il prossimo 25 luglio, molto gentilmente, ci ha risparmiato la fatica di preparare una relazione.
Veramente ingrati questi ambientalisti!

Il Presidente di Italia Nostra (sezione trentina)
Paolo Mayr

Aggiornato il 24 agosto 2005

Politiche di gestione dei rifiuti - Lettera aperta all'assessore Grisenti

data: 
Lun, 05/09/2005

 

Lettera aperta all'assessore alle Opere pubbliche, Protezione civile, Autonomie locali: Silvano Grisenti
sulle POLITICHE DI GESTIONE DEI RIFIUTI

Gentile Assessore,
Ci rivolgiamo a Lei con questa lettera aperta, quale responsabile delle politiche di gestione dei rifiuti, impegno nel quale molti ed urgenti sono i problemi, necessarie le analisi, le valutazioni, i dibattiti, le decisioni consapevoli. Poiché nei Suoi uffici regna, invece, un inspiegabile silenzio, Le ricordiamo, assieme a molti altri, alcune nuove situazioni e la conseguente necessità di risposta:

- l’ultimo aggiornamento del “Piano Provinciale di Smaltimento dei Rifiuti” risale a più di tre anni fa. In questo periodo vi sono stati positivi mutamenti delle ipotesi sulle quali questo documento si basava. In particolare l’obiettivo della raccolta differenziata del 50% è quasi raggiunto con un anno di anticipo e questo fa ben sperare che si possa pervenire in breve al 70-75%, come già avviene in molti comuni del Trentino ed in territori del Nord Italia, in situazioni analoghe. È evidente quindi la necessità di aggiornare con urgenza il Piano, ormai ampiamente superato.

- per fissare la situazione del ciclo dei rifiuti occorre un’analisi completa, approfondita ed obiettiva, che si concluda nell’organizzazione di un confronto pubblico sul tema, nel quale in particolare venga analizzato e comunicato lo stato della raccolta differenziata nei singoli comprensori, ambiti o comuni, i sistemi di raccolta, di tariffazione, etc., facendo una valutazione di merito. Nel quale si faccia il punto sulla riduzione e sul riuso e si portino esperienze di fuori provincia. È necessaria quindi una conferenza di informazione sulla situazione e gestione del ciclo dei rifiuti.

- in attesa della definizione della destinazione finale dei residui, appare ovvio si debba sospendere l’iter di progettazione dell’inceneritore e delle infrastrutture riguardanti l’area di Ischia Podetti, in particolare dell’imponente “ponte dei rifiuti”, opera inutile se non si farà il combustore, ma anche in vista della realistica riduzione dei rifiuti.

- infine sarebbe bene cominciare a dare le giuste definizioni, in funzione delle necessità di risparmio delle materie prime e dell’energia; quindi parlare di risorse o residui, anziché di rifiuti; quindi ragionare di recupero e riuso anziché di generico smaltimento, di inceneritore anzichè di termovalorizzatore.

In attesa di un Suo cortese sollecito intervento, La salutiamo cordialmente.

Per la Sezione Trentina di Italia Nostra
Il Presidente Paolo Mayr 



 Aggiornato il 25 ottobre 2005

Politiche di gestione dei rifiuti - Lettera ai Sindaci

data: 
Lun, 05/09/2005

 

Ai Sindaci dei Comuni della Provincia Autonoma di Trento

POLITICHE DI GESTIONE DEI RIFIUTI in Trentino

La Giunta Provinciale di Trento, con l’approvazione del Secondo aggiornamento del Piano di smaltimento dei rifiuti, ha deciso la costruzione di un inceneritore, al quale “debbono essere conferiti i rifiuti urbani residui, a valle della raccolta differenziata, di tutto il territorio provinciale” (allegato 1 alla deliberazione della Giunta Provinciale 9 agosto 2002, n. 1945).

L’articolo 72 del Testo unico delle leggi provinciali in materia di tutela dell’ambiente dagli inquinamenti (DPGP, 26 gennaio 1987, n. 1-41/Legisl.) - riformulato dopo l’approvazione della L.P. 10/2004 - affida però ai Comuni l’obbligo di provvedere “alle fasi del servizio di gestione dei rifiuti solidi urbani inerenti il trattamento e lo smaltimento, ivi comprese la realizzazione e la gestione degli impianti necessari” (comma 1), “mediante convenzione tra loro” (comma 2).

L’intesa tra i Comuni deve individuare “il comune capofila, l'assetto proprietario relativo ai predetti impianti”, determinare la tariffa necessaria a coprire “i costi di esercizio ivi compresi gli oneri di ammortamento” (comma 2), ma anche stabilire le modalità di smaltimento - nelle discariche esistenti – delle scorie prodotte dall’impianto “in misura proporzionale ai rifiuti urbani prodotti sul proprio territorio al netto delle raccolte differenziate” (comma 9).

Questo accordo tra i comuni non è stato finora sottoscritto e per quanto ci risulta neppure predisposto.

Fino alla stipulazione della convenzione la Provincia ha affidato “transitoriamente” al Comune di Trento, sul cui territorio si intende edificare l’inceneritore, il compito di provvedere “alle attività di costruzione e di gestione dell'impianto” (comma 7). Allo stato dei fatti il progetto dell’inceneritore, di cui s’ignora l’esatta potenzialità, sta proseguendo ininterrottamente nel suo iter autorizzativo, senza il preventivo e necessario coinvolgimento di tutte le amministrazioni comunali del Trentino.

Questo significa che la scelta di costruire l’inceneritore, voluta dal governo provinciale (prima Giunta Dellai) – senza confronto con proposte alternative –, ma mai sottoposta alla valutazione dei sindaci, delle Giunte e dei Consigli comunali, sarà subita dai 223 Comuni e di conseguenza dai circa 500.000 trentini, che pagheranno di tasca propria le ingentissime spese di costruzione e di gestione.

Premesso quanto sopra, ed in particolare il fatto che la normativa vigente attribuisce in maniera inequivocabile alle amministrazioni comunali obblighi e responsabilità relativi all’intero sistema dei rifiuti,
la sezione trentina di Italia Nostra onlus Le chiede

1. se l’amministrazione comunale da Lei guidata (o quella operante nella scorsa legislatura) sia stata consultata nella scelta dell’inceneritore;

2. se il Consiglio Comunale, organo di rappresentanza della cittadinanza, abbia esaminato il Secondo aggiornamento del Piano di smaltimento dei rifiuti ed eventualmente condiviso – con apposita deliberazione - gli obiettivi della pianificazione provinciale, compresa la costruzione dell’impianto (inceneritore) per lo smaltimento finale dei rifiuti;

3. se è mai stato presentato a Lei (o al suo predecessore), alla Giunta e al Consiglio il piano finanziario relativo alla costruzione dell’impianto per “bruciare” i residui e delle altre infrastrutture di supporto - in primis il costosissimo “ponte dei rifiuti” – e alla messa in sicurezza e bonifica del sito prescelto - Ischia-Podetti a Trento, a poca distanza dall’Adige -, secondo noi assolutamente non idoneo;

4. se è stata stabilita la quota fissa a carico del suo comune (e di conseguenza dei cittadini), calcolata sui puri oneri di ammortamento e di gestione;

5. se sono stati informati i cittadini del suo Comune che le scorie (circa il 30% del peso di quanto conferito all’inceneritore) - certamente non “salutari” - prodotte dall’impianto di termoriduzione, dovranno essere stoccate, “in misura proporzionale” ai rifiuti trasportati a Trento, nelle discariche comprensoriali già esistenti, alla cui gestione “provvedono i comprensori nei quali esse sono rispettivamente ubicate” (DPGP, 26 gennaio 1987, n. 1-41/Legisl, art. 70, comma 1).

In conclusione la sezione trentina di Italia Nostra onlus invita Lei e la sua amministrazione comunale a chiedere al Comune di Trento (e alla Provincia Autonoma di Trento) la SOSPENSIONE dell’iter di progettazione dell’inceneritore, in modo da riportare nella sede che noi riteniamo più indicata – i Consigli Comunali – l’analisi e la valutazione di tutte le alternative possibili, dei costi e degli oneri, in modo da poter affrontare responsabilmente il ciclo completo dei rifiuti.

Da parte nostra esprimiamo la massima disponibilità a fornire ulteriori informazioni su questa problematica, anche attraverso incontri ad hoc (con il Consiglio comunale e la popolazione), che la sua Amministrazione intenderà organizzare.

In attesa di un suo riscontro, inviamo i più cordiali saluti.

Il Presidente della sezione trentina di Italia Nostra onlus
ing. Paolo Mayr

N. B.: Alleghiamo alla presente alcuni riferimenti normativi in materia di “Trattamento e smaltimento dei rifiuti urbani e speciali assimilati”

DECRETO DEL PRESIDENTE DELLA GIUNTA PROVINCIALE 26 gennaio 1987, n. 1-41/Legisl. Approvazione del testo unico delle leggi provinciali in materia di tutela dell'ambiente dagli inquinamenti (b.u. 17 febbraio 1987, n. 9, suppl. ord. n. 1) Art. 72 Trattamento e smaltimento dei rifiuti urbani e speciali assimilati 1. Alle fasi del servizio di gestione dei rifiuti urbani inerenti il trattamento e lo smaltimento, ivi comprese la realizzazione e la gestione degli impianti necessari, provvedono i comuni secondo quanto previsto dal presente articolo. Non rientrano tra i predetti impianti quelli di trattamento dei rifiuti urbani realizzati all'interno dei perimetri di discarica per i fini di cui all'articolo 7 del decreto legislativo 13 gennaio 2003, n. 36 (Attuazione della direttiva 1999/31/CE relativa alle discariche di rifiuti); tali impianti sono gestiti dai soggetti previsti dall'articolo 70, comma 1. Resta fermo quanto disposto dagli articoli 69, 70, 76 e 77 in materia di discariche controllate e di stazioni di trasferimento nonché quanto previsto dall'articolo 21, comma 7, del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22. In attesa dell'entrata in vigore della legislazione provinciale di riforma in materia di decentramento di funzioni amministrative, resta altresì fermo l'articolo 12 della legge provinciale 14 aprile 1998, n. 5. 2. Le fasi di gestione dei rifiuti urbani previste dal comma 1 sono esercitate secondo quanto stabilito dagli articoli 10 e 11 della legge provinciale 17 giugno 2004, n. 6 (Disposizioni in materia di organizzazione, di personale e di servizi pubblici). Ove le suddette fasi del servizio comportino la realizzazione e la gestione di impianti di trattamento e di smaltimento con recupero energetico, alle medesime provvedono tutti i comuni, mediante convenzione tra loro, all'interno di un unico ambito provinciale. La convenzione individua, tra l'altro, il comune capofila, l'assetto proprietario relativo ai predetti impianti, nel rispetto di quanto previsto dalla legge provinciale n. 6 del 2004, nonché le modalità di determinazione della quota di tariffa relativa allo smaltimento con recupero energetico, assicurando comunque la copertura dei costi di esercizio ivi compresi gli oneri di ammortamento. 3. I servizi disciplinati dal presente articolo sono svolti nel rispetto del piano provinciale di smaltimento dei rifiuti nonché delle altre prescrizioni stabilite con deliberazione della Giunta provinciale, recanti, in particolare, la data e le modalità di entrata in esercizio di ciascun impianto. 4. Al fine di assicurare che le fasi di cui al comma 1 soddisfino i requisiti di garanzia e di sicurezza per i cittadini e per l'ambiente, di efficienza e di economicità nonché di tempestività nella progettazione e realizzazione degli impianti previsti, la Giunta provinciale può adottare apposite direttive in coerenza con il piano provinciale di smaltimento dei rifiuti, sentita l'Agenzia provinciale per la protezione dell'ambiente nonché gli organismi di rappresentanza dei comuni. Le direttive sono pubblicate nel Bollettino ufficiale della Regione e hanno efficacia vincolante per gli enti e i soggetti che esercitano le attività da esse considerate. 5. Nel caso di mancata osservanza da parte dei comuni delle direttive di cui al comma 4, ovvero di ritardo od omissione di adempimenti previste da questa legge o dagli atti in essa contemplati, la Giunta provinciale provvede in via sostitutiva ai sensi dell'articolo 57 della legge regionale 4 gennaio 1993, n. 1 (Nuovo ordinamento dei comuni della regione Trentino - Alto Adige), sentiti gli organismi rappresentativi dei comuni. La Giunta provinciale provvede ai sensi del presente comma anche nel caso in cui la convenzione prevista dal comma 2 non sia conclusa entro il 31 dicembre 2008. 6. La Provincia può prestare attività di consulenza e assistenza ai comuni per lo svolgimento delle attività e dei servizi previsti da quest'articolo. 7. Fino alla stipulazione della convenzione di cui al comma 2, alle attività di costruzione e di gestione dell'impianto di trattamento e di smaltimento con recupero energetico la cui localizzazione è prevista nel territorio del comune di Trento, provvede transitoriamente il medesimo comune con le modalità stabilite dalla legge provinciale n. 6 del 2004. A tale fine il comune di Trento subentra alla Provincia nelle posizioni e nei rapporti giuridici costituiti in applicazione di quest'articolo nel testo previgente alla data di entrata in vigore di questa disposizione. Ad avvenuta bonifica delle aree funzionali alla realizzazione e alla gestione dell'impianto, la Provincia trasferisce le stesse a titolo gratuito, anche per lotti, al comune di Trento. 8. A decorrere dalla data di entrata in esercizio dell'impianto previsto dal comma 7, così come individuata dalla Giunta provinciale ai sensi del comma 3, i rifiuti urbani e speciali assimilati a valle delle raccolte differenziate, prodotti nell'intero territorio provinciale, sono avviati allo smaltimento presso il predetto impianto, fatta salva la possibilità per la Giunta provinciale di stabilire, transitoriamente e in relazione alla messa a regime dell'impianto, modalità di smaltimento alternative. A decorrere dalla medesima data le stazioni di trasferimento realizzate e gestite secondo quanto previsto dagli articoli 69 e 70 sono trasferite ai comuni e sono gestite in forma associata all'interno dell'ambito unico previsto dal comma 2. 9. La convenzione di cui al comma 2 stabilisce altresì le modalità con cui i comuni provvedono allo smaltimento delle scorie prodotte dall'impianto di trattamento e smaltimento con recupero energetico nelle discariche esistenti in misura proporzionale ai rifiuti urbani prodotti sul proprio territorio al netto delle raccolte differenziate

 Aggiornato il 25 ottobre 2005

Gestione faunistica - Proposta congiunta associazioni ambientaliste

data: 
Mer, 25/05/2005

 

Introduzione
La fauna rappresenta una delle componenti dell’ambiente che ci circonda, lo stesso ambiente in cui anche noi viviamo. L’equilibrio della fauna è indissolubilmente legato a quelli di tutti gli altri componenti ambientali. Solo in un territorio salvaguardato in tutti i suoi aspetti - geologico, vegetale, biologico, agricolo, idrico, antropico - la fauna può avere garanzie di vita equilibrata, di sufficiente biodiversità, di corretta coabitazione.
La gestione faunistica deve quindi rientrare in una visione di ampia pianificazione ed uscire dallo schema di una sua sostanziale identificazione con la gestione venatoria.
Ecco allora che il panorama si allarga ad una attenta gestione urbanistica, che difenda il territorio dalle manovre speculative e che risparmi le zone agricole, alla difesa della proprietà pubblica dell’acqua, ad un equilibrato sistema di mobilità, al risparmio delle materie prime e dell’ energia, alla lotta all’inquinamento.
In altre parole ad una regia saggia e pensante, di alta moralità, in grado di resistere alle clientele ed alle corporazioni aziendali. La biodiversità faunistica non può esistere in un mondo dissestato, inquinato e sfruttato oltre ogni limite.
E’ assurdo ed illogico, ma è solo un esempio tra i tanti possibili, che vengano individuate aree da proteggere e che poi si autorizzino arterie stradali o impianti a fune che le attraversano.
È ingannevole che si professi la necessità di tutela e contemporaneamente si smobilitino le istituzioni e gli organi di controllo, così come è irrazionale che i vari Servizi ed Asssessorati della Provincia siano scoordinati e frazionati nei compiti e nei programmi.

Quadro normativo di riferimento
Le competenze della Provincia Autonoma di Trento in materia sono sancite dallo Statuto d’autonomia che, all’articolo 4, fissa i limiti “nel rispetto degli obblighi internazionali e degli interessi nazionali nonché delle norme fondamentali delle riforme economico-sociali”. Questi limiti sono stati varie volte confermati dalle sentenze della Corte Costituzionale, che altresì ha confermato lo status di legge di riforma economico-sociale alla legge quadro 157/91.
Il quadro normativo, con eventuali documenti interpretativi e tecnici, di riferimento può essere quindi così riassunto:
- L.P. 9 dicembre 1991, n. 24
- Norme per la protezione della fauna selvatica e per l'esercizio della caccia;
- Legge 11 febbraio 1992, n. 157
- Norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio;
- DIRETTIVA 79/409/CEE del 2 aprile 1979 Concernente la conservazione degli uccelli selvatici;
- Guida alla disciplina della caccia nell’ambito della direttiva 79/409/CEE sulla conservazione degli uccelli;
- Key concepts of article 7(4) of Directive 79/409/EEC;
- Direttiva 92/43/CEE del 21 maggio 1992 relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche;
- La gestione dei siti della rete Natura 2000. Guida all’interpretazione dell’articolo 6 della direttiva «Habitat» 92/43/CEE.

Costituisce presupposto per la continuazione dei lavori del tavolo tecnico la certezza che, nel periodo di attività dello stesso, la normativa vigente nella Provincia di Trento non sia modificata o non venga disapplicata in una o più parti.

Principi gestionali

Il quadro delle conoscenze faunistiche, quale si evince dalla lettura del Piano Faunistico, del resto coincidente con la realtà, si dimostra in molti casi lacunoso. Dati sulla consistenza e la distribuzione delle specie cacciabili, in particolare per gli ungulati, possono basarsi su una serie piuttosto lunga di rilevamenti, anche se molte osservazioni si potrebbero fare sui metodi per lungo tempo e in parte ancor oggi utilizzati. Per le altre specie sono disponibili informazioni unicamente per quelle singole specie e gruppi per i quali sono state effettuate o sono in corso ricerche coordinate dal Museo Tridentino di Scienze Naturali, il Centro di Ecologia Alpina o singoli ricercatori, senza però un coordinamento e supervisione della Provincia, che a questa attività dovrebbe essere preposta, anche in virtù di quanto sancito dalla LP 24/91.
Appare opportuno un forte impegno della Provincia Autonoma di Trento nella programmazione di un piano di ricerca volto ad approfondire le conoscenze di tipo biologico ed ecologico, per aumentare il livello di conoscenze delle componenti faunistiche e dei complessi processi che regolano le reti ecologiche, con il più ampio coinvolgimento degli enti in grado di fornire contributi utili.
La programmazione della gestione faunistica a livello provinciale potrebbe svilupparsi secondo lo sviluppo dei seguenti punti:
a. La definizione delle problematiche;
b. L’individuazione degli ambiti d’azione;
c. La scelta di obiettivi generali e specifici;
d. La messa a punto delle azioni prioritarie per il raggiungimento degli obiettivi;
e. L’individuazione dei principali soggetti competenti per le azioni.

Elenco delle questioni rilevanti

Di seguito prospettiamo la rubrica delle questioni che, in prima approssimazione, ci paiono più rilevanti.
Prima di addentrarci nel loro dettaglio, vogliamo precisare, ribadire e richiamare un principio fondamentale che connota tutte le normative venatorie, siano esse nazionali o localistiche. In particolare, quanto alla provincia di Trento, tale statuizione fondante è inserita nell’art. 1, comma 2, della L.P. 24/1991 secondo cui la fauna è destinataria di tutela “nell’interesse della comunità” all’interno della quale deve trovare effettiva e reale partecipazione qualsiasi soggetto collettivo anche se portatore d’interessi, sensibilità e cultura diversi da quelli perseguiti dalle organizzazioni venatorie. Finora, la possibilità di cogestire il patrimonio faunistico, ha visto sostanzialmente emarginate le diverse entità ambientaliste, nonostante che il numero complessivo dei loro aderenti sia quantomeno paritario con quello rappresentato da chi si propone finalità talora confliggenti.- Il perseguire nei fatti il comune interesse, comporta il concreto e tangibile riconoscimento della presenza e dell’agire delle associazioni ambientaliste ed un loro effettivo democratico paritario coinvolgimento per la tutela del patrimonio faunistico collettivo.
Senza voler in alcun modo attribuire prioritaria valenza agli argomenti sulla base dell’ordine di esposizione, indichiamo quanto meritevole di attenzione ed approfondimento:

- Habitat: la progressiva riduzione e distruzione degli ambienti naturali ha una influenza negativa sempre più elevata nei confronti di molte specie animali e vegetali, riducendo ed alterando molti processi ecologici.
L’occupazione di sempre maggiori spazi da parte delle attività umane ha quindi un effetto negativo sulla biodiversità complessiva dei nostri ambienti; risulta pertanto urgente, e non più procrastinabile anche a livello locale, attuare efficaci politiche di gestione ambientale volte in particolare alla conservazione degli ambienti che stanno a poco a poco rarefacendosi. La costruzione di un sistema di protezione ambientale non può però prescindere dalla conoscenza approfondita del territorio, al fine di individuare le aree idonee a garantire la conservazione degli habitat e degli ecosistemi. Il Piano Faunistico è particolarmente carente sotto questo aspetto, sia per la disattenzione posta alla necessità della costruzione di una rete di aree protette, a partire dai parchi e dai biotopi già istituiti, alla dividuazione dei valichi interessati dalle rotte migratorie, alla individuazione di altre aree di protezione quali le ZPS (Zone di Protezione Speciale) e le IBA (Important Birds Areas).

- Specie cacciabili: per quanto riguarda le specie attualmente cacciabili una seria valutazione di tipo tecnico dovrebbe valutare la sostenibilità del prelievo venatorio sulla base delle conoscenze dello status delle varie specie. Sarebbe allora più opportuno analizzare la presenza nella Lista Rossa o altre classificazioni come le SPEC (Species of European Conservation Concern; Tucker and Heath, 1994).
Limitatamente all’avifauna, da una veloce analisi dell’attuale elenco delle specie cacciabili nella provincia di Trento risulta che ben 13 (Alzavola, Beccaccia, Beccaccino, Canapiglia, Coturnice, Fischione, Marzaiola, Moretta, Moriglione, Pernice bianca, Quaglia, Starna, Tordo sassello) sono comprese nella Lista Rossa degli uccelli nidificanti in Italia e di queste ben 8 sono classificate come SPEC, mentre altre 7 sono comprese solamente nella lista delle SPEC.

- Esercizio venatorio all’interno dei parchi naturali: è cosa nota, il principio dettato dall’art. 21, comma 1, lett. a) della L. 157/1992, integrato da quanto disposto dalla L. 394/1991, secondo cui l’attività venatoria è preclusa all’interno dei parchi e delle riserve naturali. Di contro, la legislazione provinciale, formata ed emanata ante codificazione delle disposizioni legislative anzidette, ignora totalmente il predetto divieto, nonostante che le prescrizioni richiamate abbiano indubbia valenza di leggi di riforma economico-sociali e, come tali, non derogabili dalla normativa provinciale, anche se frutto dell’autonomia legislativa conferita alla Provincia di Trento. Allo scopo di mediare tra le opposte tesi, pur dovendosi riconoscere l’infondatezza di quella che considera legittimo il prelievo venatorio, le sottoscritte associazioni propongono un duplice intervento: 1) la creazione all’interno dei due parchi naturali di alcune oasi di protezione; 2) la riduzione delle assegnazioni e dei prelievi delle specie destinatarie di caccia in misura pari al 50%, considerata la funzione di ripopolamento che i parchi svolgono.

- Censimenti: fermo restando che i censimenti risultano essere uno strumento fondamentale per determinare la consistenza della fauna,cacciabile e non cacciabile, presente nella nostra Provincia e di conseguenza per attuare una corretta gestione della stessa, riportiamo qui di seguito alcune considerazioni che riteniamo possano offrire un contributo costruttivo per migliorare le metodologie di monitoraggio delle specie e l’organizzazione e l’esecuzione dei rilievi.
Per quanto riguarda il monitoraggio delle specie oggetto di censimento, maggiori risorse ed attenzioni vanno rivolte soprattutto verso quelle più vulnerabili e a rischio, come ad esempio coturnice e pernice bianca, aumentando il più possibile le aree campione per avere così maggiori dati a disposizione. Per specie ad alto rischio come queste è infatti fondamentale poter conoscere e monitorare attentamente l’evoluzione della popolazione.
Per quanto riguarda il gallo forcello è indispensabile una valutazione delle potenzialità in base alle caratteristiche dell’habitat ed un’analisi di sostenibilità delle popolazioni. Vanno poi standardizzati date e numero delle uscite ed aree di saggio dei censimenti. Anche le due specie attualmente non cacciabili, gallo cedrone e francolino di monte, devono essere censite con maggiore attenzione, per poterne determinare l’attuale status.
Lo stesso dicasi per la lepre variabile, che andrebbe studiata con maggiore cura, visti gli effetti negativi dell’impatto ambientale di questa specie nelle Alpi.
Per la beccaccia si dovrebbe finalmente prevedere l’avvio di studi di monitoraggio. La conoscenza del successo riproduttivo nelle aree nordiche di riproduzione rimane comunque un parametro significativo per poter seguire il trend e limitare di conseguenza il prelievo di questa specie.
Particolare attenzione deve essere rivolta al capriolo, alla luce dell’attuale trend calante della specie. In questo caso, oltre a tenere conto della consistenza, si deve studiare l’andamento della struttura della popolazione per poterne determinare sia la mortalità invernale sia l’eventuale incremento.
A questo proposito un dato significativo del censimento primaverile dovrebbe riguardare il rapporto giovani di un anno/adulti, determinato in aree omogenee e definite in base a parametri bio-ecologici.
Uno dei requisiti fondamentali per una corretta organizzazione dei censimenti, ma anche per una migliore gestione generale della fauna, è la nomina dei tecnici di distretto, peraltro già previsti dal piano faunistico provinciale.
Tali figure dovrebbero, a nostro avviso, essere scelte tra professionisti abilitati all’esercizio della professione ed iscritti ai rispettivi ordini o ad associazioni quale ad esempio l’AIGF (Associazione italiana per la gestione faunistica). Ai tecnici, oltre all’aspetto organizzativo, verrebbe affidato il compito più delicato di verificare, attraverso indagini campione, la veridicità e la correttezza di quanto è stato rilevato dai conduttori dei censimenti.
Infine si evidenzia che, accettato il principio che a questa attività devono partecipare anche i rappresentanti delle componenti ambientaliste in situazione di pari dignità, è indispensabile che siano individuate ed attuate le modalità perché tale principio possa trovare pratica attuazione.

- Roccolo pubblico: la sua apertura, riedizione di una pratica di cattura che si credeva ormai superata e desueta, ha provocato irritazione ed indignazione in ben noti settori della pubblica opinione ed, in particolare, nei nostri confronti.
Si trascura la questione della spendita di risorse finanziarie pubbliche, destinate all’esclusivo soddisfacimento delle attese degli operatori venatori, ma non vogliamo ignorare, per contro, che la caccia all’avifauna attuata con richiami vivi produce la segregazione degli stessi in gabbie di contenzione di anguste dimensione pressoché o prevalentemente ubicate in ambiti strutturali privi di luce.
Tale modalità di utilizzo dei richiami, causa un’evidente situazione di maltrattamento nei loro confronti che non può essere ulteriormente tollerata. Senza voler vietare le altrui emozioni, insite nella pratica della caccia da capanno, si propone, pro futuro, il solo utilizzo di richiami acustici a funzionamento meccanico, previa abrogazione del divieto di cui all’art. 38, lett. m) della vigente legislazione.

- Articolazione sanzionatoria: ogni forma sanzionatoria è caratterizzata dalle seguenti connotazioni: attualità della pena, natura retributiva idonea a riparare la lesione dell’articolato ordinamentale.
Tali requisiti misurano la capacità di deterrenza delle pene in genere. Da questo punto di vista, è indubbio che le diverse graduazioni delle pene pecuniarie determinate nel 1991 non soddisfano più, attualmente, le finalità anzidette. A titolo esemplificativo, si evidenzia che una pena di (allora) 200.000, pari ad € 103,29 oggi dovrebbe essere rivalutata del 44,86%; tanto, in funzione del degrado del valore monetario intervenuto tra il 1991 ed oggi.- Allo scopo di conservare l’attualità e la deterrenza del trattamento sanzionatorio, è necessario provvedere alla rivisitazione delle pene pecuniarie all’epoca determinate ed introdurre nella legislazione venatoria, a valere pro futuro, un istituto di aggiornamento automatico su base ISTAT.

- Vigilanza venatoria: con la L. 157/92, si operò una scelta di apprezzata partecipazione democratica nella gestione della delicata tematica faunistica offrendo ai diversi attori spazi prima preclusi.
Fu così, che l’attività di vigilanza fu estesa sia agli ambientalisti che agli stessi cacciatori con il dichiarato proposito, apparente dai lavori parlamentari, di mitigare le vivaci contese. La Provincia, lodevolmente, si fece carico nel 1994, di formare, tramite specifico corso abilitante, un “corpo” ausiliario di soggetti che contribuirono ad ampliare il numero dei soggetti deputati all’attività de qua. Di seguito, tale iniziativa fu inspiegabilmente interrotta. Si auspica che tale comportamento, così come le generiche previsioni del piano faunistico, non preludano ad espungere da detta attività dei soggetti ritenuti “scomodi” o comunque esogeni al corpo forestale provinciale.

- Reintroduzioni e ripopolamenti: premesso che una seria politica di conservazione della natura, che miri ad ottenere il massimo dei risultati in rapporto alle risorse economiche disponibili, deve prevenire l’estinzione delle specie puntando alla salvaguardia degli habitat nel loro complesso, può in taluni casi rendersi necessaria la reintroduzione di alcune specie. Questi casi sono valutati positivamente solo qualora si verifichi la contemporaneità di alcune condizioni:

* La situazione della popolazione biogeografica della specie sia caratterizzata da uno stato sfavorevole e la sola tutela degli habitat non sia in grado di garantire la ripresa significativa dei contingenti presenti;
* Sia stata verificata la presenza delle condizioni minime per garantire la sopravvivenza di una popolazione minima vitale della specie;
* La reintroduzione sia tecnicamente possibile;
* La ricolonizzazione naturale dell’area da parte della specie sia da escludere nel medio lungo periodo.

Tutti gli interventi di questo genere devono quindi essere preceduti da uno studio di fattibilità atto a verificarne l’opportunità e l’efficacia nel breve, medio e lungo periodo. Questi interventi devono inserirsi in una strategia globale che affronti i temi della conservazione attraverso un binario multiplo di priorità: habitat, specie, siti e aspetti sociali.
Per quanto concerne i ripopolamenti il Piano Faunistico giunge alla conclusione che essi siano da eliminare come pratica, anche se si propone una soluzione dilazionata nel tempo, con la sola esclusione della specie fagiano, per la quale si esclude addirittura la predisposizione di uno studio di fattibilità.
Gli scriventi ritengono invece che, in sintonia con quanto affermato dall’ I.N.F.S., pur essendo il fagiano presente in Italia ormai da molti secoli per cui nuovi equilibri sono sicuramente venuti a crearsi all’interno delle biocenosi, sia da evitare l’immissione di esemplari “pronta caccia” nelle aree alpine e pertanto nell’intera provincia di Trento.
Già in sede di formulazione delle prescrizioni tecniche per l’annata venatoria 2005-2006 dovrebbe comparire la definitiva abrogazione di questa pratica incivile. Sempre in tema di reintroduzioni, “controparte” ripetutamente, ha avuto modo di asserire che l’attività venatoria è necessaria non fosse altro perché nell’ambiente naturale sono venuti a mancare i predatori; dal ché, la surrogazione del predatore artificiale nei confronti dei primi. Il piano faunistico prevede, tra le diverse politiche territoriali, anche quella di cui in rubrica. Si chiede pertanto, di conoscere tempi, entità delle componenti delle singole specie da reintrodurre, disponibilità finanziarie a ciò deputate per realizzare una di quelle politiche gestionali nei cui confronti la presenza ambientalista ebbe ad esprimere condivisione ed assenso.

- Interventi ambientali: il documento programmatico anzidetto ha concesso ampio spazio a tale capitolo di salvaguardia e miglioramento ambientale. Al riguardo, si chiede di stilare un programma pluriennale da attuare, di poi con gradualità, anche tenuto conto delle risorse finanziarie che si vogliono dedicare allo scopo che debbono trovare precisa allocazione nei rispettivi bilanci di previsione. Si chiede, fin d’ora, un reale coinvolgimento del mondo ambientalista, anche prevedendo la possibilità che parte degli interventi de quo possano essere realizzati, tramite idonea convenzione, anche da strutture societarie, costituite in forma cooperativa, da parte di associati delle rispettive organizzazioni.

- Detenzione di fauna selvatica: contestiamo la rigida distinzione tra fauna cacciabile e non, secondo la quale soltanto la seconda sarebbe detenibile per finalità di cura, riabilitazione e successiva liberazione in natura. Costituisce auspicio delle sottoscritte entità, che siano loro concedibili autorizzazioni finalizzate alla realizzazione di centri di recupero della fauna; ciò consentirebbe, oltre che una possibilità di fruizione visiva della fauna, uno strumento di educazione per la popolazione in genere, oltrechè un’occasione di creare le condizioni per l’esercizio dell’attività veterinaria in un ambito in cui, per assenza di “pazienti”, le altrui conoscenze appaiono limitate al solo pregresso percorso universitario; infine, per soddisfare una condizione di trasparenza nella temporanea gestione di ciò che costituisce patrimonio indisponibile dello Stato.

- Ex zone 23: il loro limitato numero e la relativa entità superficiaria non richiama l’esigenza di specifici particolari approfondimenti.
Tuttavia, considerato che 2 di loro ricadono all’interno dei confini del Parco Naturale Adamello-Brenta, si propone di destinarle ad oasi di protezione e, successivamente, affidare la gestione di una di esse alle associazioni ambientaliste al fine di realizzare un laboratorio all’aperto di studio delle dinamiche naturali e faunistiche anche prevedendo la possibilità di realizzare, se del caso mediante ristrutturazione, un punto di accoglienza per ospiti che potrebbe determinare apprezzabili esiti economici.

- Approfondimento delle conoscenze: trattasi di capitolo destinatario di valutazione da parte del piano faunistico. Coerentemente con la ripetuta esigenza di un maggior coinvolgimento delle associazioni ambientaliste e senza sbarrare la porta ad altri contributi, ad es. del Museo tridentino di scienze naturali, vediamo con favore la nascita di una rivista faunistica a cadenza bimestrale curata da un’aggregazione delle sottoscritte entità.

- Revisione dell’osservatorio faunistico: detto organismo, facente parte dell’organizzazione della tutela prevista dalla L.P. 24/1991, sembra aver fallito uno dei suoi scopi istitutivi; quello di organo di consulenza tecnico-scientifica della Provincia. Nel tempo, si è assistito ad un palmare e sostanziale appiattimento dello stesso verso altri organi e centri di potere, anche a cagione della parziale autoreferenzialità di esso, considerato che taluni dei suoi componenti sono gli stessi che siedono nel comitato faunistico. Inoltre, la carenza, per non dire l’assenza di risorse finanziarie spendibili per acquisire l’altrui sapere, ha impoverito fin dall’origine detto organo consulenziale.

- Distretti gestionali: in ragione della più volte asserita esigenza di partecipazione democratica nella gestione della fauna, non si ravvisa motivazione di sorta per escludere da detti organismi la presenza di chi cacciatore non è. È pressoché superfluo dover rilevare, che il confronto, anche più acceso, è ben poca cosa in rapporto alle contese che sorgono quando determinate componenti sociali sono aprioristicamente escluse dai centri decisionali.

- Criteri selettivi e note comportamentali: il ruolo pubblico non è di per sé bastevole per assicurare e garantire la terzietà nelle scelte. Ne viene, che sarebbe quantomeno auspicabile, che nei ruoli apicali di determinati servizi (leggasi, faunistico e foreste, tanto per fare una necessaria esemplificazione) fossero chiamate persone che, in concorso con altri ovvi requisiti, non fossero espressione di una sola ben chiara parte sociale.
È intuibile, infatti, che se per avventura il servizio faunistico od altro similare, fosse retto da un dichiarato animalista, le correlative decisione potrebbero apparire viziate dalla logica dell’appartenenza e/o delle personali passioni.
In un recente passato, si è constatato più volte che l’intervento del rappresentante del servizio faunistico era chiaramente negativo in relazione a taluni argomenti posti all’o.d.g. del comitato faunistico; tuttavia, incomprensibilmente, in sede di votazione esso componente ha optato per l’astensione dal voto. Ciò ha determinato intuibili perplessità che mal si conciliano con le responsabilità funzionali attribuitegli ed ha prodotto altresì intuibile disorientamento nei confronti della credibilità dell’importante comparto.

- Le diverse legislazioni di settore: ne ricordiamo talune, al solo scopo d’indurre a considerare l’ambiente naturale un unicum per la cui tutela, sovente scoordinata, concorrono diverse legislazioni di settore (viabilità, fauna minore, tutela della flora alpina etc.). Ognuna di queste legislazioni di comparto, oltre ad essere variamente datata nel tempo e frutto di diverse culture ambientali, si occupa di tanti microambienti all’interno di un unico bene destinatario, quantomeno, di attenzione, in cui le interrelazioni sono forse un poco trascurate. Sarebbe opportuno, anche con il nostro partecipativo concorso, sottoporre a revisione critica le singole disposizioni di legge e, forse, verificare la possibilità di accorparle in un testo unico che ha sempre un duplice pregio: immediatezza di esame del testo legislativo e più agevole accessibilità della politica legislativa territoriale, non potendo ignorare in argomento, che il nostro territorio è frequentato da ampia popolazione turistica da cui non si può pretendere la conoscenza globale di diverse norme disseminate in più corpi legislativi.

- Le risorse finanziarie: qualunque attività, anche volontaria, non può prescindere dalla disponibilità di fonti spesa. Ne consegue, che se d’un lato vi è non solo disponibilità ad essere maggiormente coinvolti nella gestione della risorsa faunistica, bensì specifica sollecitazione in tal senso, ciò porta a dover necessariamente essere beneficiari di pubblica contribuzione pur correlata e misurata agli e dagli specifici apporti. E’ pressoché superfluo dover rilevare che fino ad oggi le associazioni ambientaliste non hanno trovato apparenza nel comparto del bilancio provinciale formato dai diversi capitoli di spesa e, se vi hanno trovato cittadinanza, lo è stato soltanto per meri valori nominalistici. Letto ed approvato dalle associazioni ambientaliste partecipanti al tavolo tecnico di confronto.

Trento, 25 maggio 2005

 
             
Aggiornato il 24 agosto 2005

Lago di Erdemolo

data: 
Ven, 01/07/2005

 

La strada per Erdemolo

Finalmente si potrà raggiungere il lago di Erdemolo, in Val dei Mocheni, comodamente seduti su un fracassone e puzzolente mezzo meccanico! Era ora che qualcuno provvedesse a questa antica necessità.Ma è proprio necessario costruire una strada, pardon una “pista”, come sembra raccomandare il Presidente Dellai? Ma quali vantaggi potrà portare? Sicuramente il gestore del piccolo rifugio vicino al lago potrà fare a meno, non di portare sulla schiena, ma di utilizzare la teleferica per le necessità di rifornimento del rifugio. Certo che con la strada nuova sarà finalmente possibile eliminare la teleferica, non sicuramente bella da vedere, si potrà eliminare un manufatto “impattante”.Percorrere il sentiero 325 che dalla strada forestale per la miniera di Hardömbl conduce al lago ed al rifugio è un'esperienza particolarmente piacevole. L'andamento non troppo erto, la moderata lunghezza il modesto dislivello da percorrere, i prati, il bosco e finalmente il laghetto immerso tra le cime, fanno parte di un'esperienza rilassante e felice.È nei ricordi di fanciullezza di non so quanti trentini come uno dei primi approcci alla montagna in modo dolce. Come pure è nei ricordi di chissà quanti non trentini, di stranieri, di turisti che percorrono questa passeggiata con gran godimento e scarsa fatica in un ambiente di facile accesso, ma ancora “naturale”. Ma è proprio il caso di distruggere uno dei posti più ricchi di fascino trasformando un sentierino di montagna in una strada? E' così difficile comprendere che basta una sola automobile, una sola motocicletta, anche se al servizio del rifugio, per rompere irrimediabilmente la magia di un luogo, la sua intima personalità, per cadere nella consueta sterile banalità e perdere quindi anche la sua appetibilità? Come il solito si danno ferree garanzie che la costruenda strada sarà utilizzata unicamente dal gestore del rifugio, ma poi le motociclette chi le controlla? Inoltre, il permesso ai cacciatori non si può negare. E i fungaioli? Anche loro hanno diritto. E all'amico del gestore o del Sindaco vogliamo negare il permesso? E per finire, chiunque, o quasi, faccia richiesta potrà essere esaudito.Quando nella conca del lago, accanto al rifugio, potremo vedere, magari parcheggiate ordinatamente, alcune autovetture e motociclette, potremo finalmente affermare che il “progresso” è arrivato fino là.

La Direzione di
Italia Nostra (sezione trentina)

 Aggiornato il 24 agosto 2005

Inceneritore - Come fermare legalmente la costruzione

data: 
Giov, 01/09/2005

 

L’articolo 72 (comma 2) del decreto del Presidente della Giunta Provinciale 26 gennaio 1987, n. 1-41/Legisl. (“Approvazione del testo unico delle leggi provinciali in materia di tutela dell’ambiente dagli inquinanti”), recentemente riformulato con l’approvazione della Legge Provinciale 10 del 2004 (art. 8, comma 12), stabilisce che “ove le suddette fasi del servizio [di gestione dei rifiuti urbani] comportino la realizzazione e la gestione di impianti di trattamento e di smaltimento con recupero energetico, alle medesime provvedono tutti i comuni, mediante convenzione tra loro, all’interno di un unico ambito provinciale”.

Il comma 7 dello stesso articolo precisa: “Fino alla stipulazione della convenzione di cui al comma 2, alle attività di costruzione e di gestione dell’impianto di trattamento e di smaltimento con recupero energetico la cui localizzazione è prevista nel territorio del comune di Trento, provvede transitoriamente il medesimo comune con le modalità stabilite dalla legge provinciale n. 6 del 2004”.

La legge parla chiaro: spetta ai 223 comuni del Trentino – e non alla Provincia - il compito di provvedere “alle fasi del servizio di gestione dei rifiuti urbani inerenti il trattamento e lo smaltimento, ivi comprese la realizzazione e la gestione degli impianti necessari” (art. 72, comma 1). Finora non è stata firmata - e forse nemmeno predisposta - l’apposita convenzione tra i comuni trentini, che dovrebbe, tra l’altro, individuare “il comune capofila, l’assetto proprietario relativo ai predetti impianti, nonché le modalità di determinazione della quota di tariffa relativa allo smaltimento (…), assicurando comunque la copertura dei costi di esercizio ivi compresi gli oneri di ammortamento” (art. 72, comma 2), ma anche risolvere il delicato problema delle “modalità di smaltimento delle scorie prodotte dall’impianto di trattamento e smaltimento” (art. 72, comma 9).

Tutto questo cosa significa? L’inceneritore è stato fortemente voluto e approvato dalla prima Giunta Dellai nella scorsa legislatura; le attività di costruzione e gestione – in assenza della convenzione tra i comuni – sono state trasferite al Comune di Trento, ma i costi di gestione e gli oneri di ammortamento saranno a carico dei comuni, ovvero di tutti i Trentini.

Ora pare lecito chiedersi:
• è stato chiesto un parere ufficiale alle amministrazioni comunali trentine in merito al progetto dell’inceneritore, al di là di un’eventuale consultazione del Consorzio dei Comuni?
• è stato chiesto il parere a tutti i Trentini anche semplicemente con delibere da parte dei Consigli Comunali, organi di rappresentanza della cittadinanza?
• Sono stati informati i Comuni, sedi delle attuali discariche, che queste non saranno chiuse – come vorrebbero far credere i nostri governanti nelle dichiarazioni rilasciate alla stampa locale -, ma riconvertite ad ospitare le “ceneri” – certamente non salutari – “in misura proporzionale ai rifiuti urbani prodotti sul proprio territorio al netto delle raccolte differenziate” (art. 72, comma 9)?

Tutto questo a noi non risulta. Da quanto sopra esposto appare chiaramente come per la vicenda “inceneritore” – e così in altre occasioni - la Giunta Provinciale abbia adottato un metodo ben lontano da quello di una larga partecipazione democratica alle scelte collettive. In conclusione a noi sembra che esistano ancora dei margini per accantonare lo sciagurato progetto di inceneritore ad Ischia Podetti e per approntare un serio aggiornamento del Piano provinciale di smaltimento dei rifiuti.

Per fare questo è però indispensabile che le forze d’opposizione in Consiglio Provinciale, ma soprattutto i consiglieri comunali del Trentino, oltre che il consiglio del Consorzio dei Comuni, anche in seguito alle informazioni contenute in questo intervento, sollevino urgentemente la questione nelle rispettive sedi istituzionali.

La sezione trentina di Italia Nostra onlus

N. B.: Alleghiamo alla presente alcuni riferimenti normativi in materia di “Trattamento e smaltimento dei rifiuti urbani e speciali assimilati”

DECRETO DEL PRESIDENTE DELLA GIUNTA PROVINCIALE 26 gennaio 1987, n. 1-41/Legisl. Approvazione del testo unico delle leggi provinciali in materia di tutela dell'ambiente dagli inquinamenti (b.u. 17 febbraio 1987, n. 9, suppl. ord. n. 1) Art. 72 Trattamento e smaltimento dei rifiuti urbani e speciali assimilati 1. Alle fasi del servizio di gestione dei rifiuti urbani inerenti il trattamento e lo smaltimento, ivi comprese la realizzazione e la gestione degli impianti necessari, provvedono i comuni secondo quanto previsto dal presente articolo. Non rientrano tra i predetti impianti quelli di trattamento dei rifiuti urbani realizzati all'interno dei perimetri di discarica per i fini di cui all'articolo 7 del decreto legislativo 13 gennaio 2003, n. 36 (Attuazione della direttiva 1999/31/CE relativa alle discariche di rifiuti); tali impianti sono gestiti dai soggetti previsti dall'articolo 70, comma 1. Resta fermo quanto disposto dagli articoli 69, 70, 76 e 77 in materia di discariche controllate e di stazioni di trasferimento nonché quanto previsto dall'articolo 21, comma 7, del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22. In attesa dell'entrata in vigore della legislazione provinciale di riforma in materia di decentramento di funzioni amministrative, resta altresì fermo l'articolo 12 della legge provinciale 14 aprile 1998, n. 5. 2. Le fasi di gestione dei rifiuti urbani previste dal comma 1 sono esercitate secondo quanto stabilito dagli articoli 10 e 11 della legge provinciale 17 giugno 2004, n. 6 (Disposizioni in materia di organizzazione, di personale e di servizi pubblici). Ove le suddette fasi del servizio comportino la realizzazione e la gestione di impianti di trattamento e di smaltimento con recupero energetico, alle medesime provvedono tutti i comuni, mediante convenzione tra loro, all'interno di un unico ambito provinciale. La convenzione individua, tra l'altro, il comune capofila, l'assetto proprietario relativo ai predetti impianti, nel rispetto di quanto previsto dalla legge provinciale n. 6 del 2004, nonché le modalità di determinazione della quota di tariffa relativa allo smaltimento con recupero energetico, assicurando comunque la copertura dei costi di esercizio ivi compresi gli oneri di ammortamento. 3. I servizi disciplinati dal presente articolo sono svolti nel rispetto del piano provinciale di smaltimento dei rifiuti nonché delle altre prescrizioni stabilite con deliberazione della Giunta provinciale, recanti, in particolare, la data e le modalità di entrata in esercizio di ciascun impianto. 4. Al fine di assicurare che le fasi di cui al comma 1 soddisfino i requisiti di garanzia e di sicurezza per i cittadini e per l'ambiente, di efficienza e di economicità nonché di tempestività nella progettazione e realizzazione degli impianti previsti, la Giunta provinciale può adottare apposite direttive in coerenza con il piano provinciale di smaltimento dei rifiuti, sentita l'Agenzia provinciale per la protezione dell'ambiente nonché gli organismi di rappresentanza dei comuni. Le direttive sono pubblicate nel Bollettino ufficiale della Regione e hanno efficacia vincolante per gli enti e i soggetti che esercitano le attività da esse considerate. 5. Nel caso di mancata osservanza da parte dei comuni delle direttive di cui al comma 4, ovvero di ritardo od omissione di adempimenti previste da questa legge o dagli atti in essa contemplati, la Giunta provinciale provvede in via sostitutiva ai sensi dell'articolo 57 della legge regionale 4 gennaio 1993, n. 1 (Nuovo ordinamento dei comuni della regione Trentino - Alto Adige), sentiti gli organismi rappresentativi dei comuni. La Giunta provinciale provvede ai sensi del presente comma anche nel caso in cui la convenzione prevista dal comma 2 non sia conclusa entro il 31 dicembre 2008. 6. La Provincia può prestare attività di consulenza e assistenza ai comuni per lo svolgimento delle attività e dei servizi previsti da quest'articolo. 7. Fino alla stipulazione della convenzione di cui al comma 2, alle attività di costruzione e di gestione dell'impianto di trattamento e di smaltimento con recupero energetico la cui localizzazione è prevista nel territorio del comune di Trento, provvede transitoriamente il medesimo comune con le modalità stabilite dalla legge provinciale n. 6 del 2004. A tale fine il comune di Trento subentra alla Provincia nelle posizioni e nei rapporti giuridici costituiti in applicazione di quest'articolo nel testo previgente alla data di entrata in vigore di questa disposizione. Ad avvenuta bonifica delle aree funzionali alla realizzazione e alla gestione dell'impianto, la Provincia trasferisce le stesse a titolo gratuito, anche per lotti, al comune di Trento. 8. A decorrere dalla data di entrata in esercizio dell'impianto previsto dal comma 7, così come individuata dalla Giunta provinciale ai sensi del comma 3, i rifiuti urbani e speciali assimilati a valle delle raccolte differenziate, prodotti nell'intero territorio provinciale, sono avviati allo smaltimento presso il predetto impianto, fatta salva la possibilità per la Giunta provinciale di stabilire, transitoriamente e in relazione alla messa a regime dell'impianto, modalità di smaltimento alternative. A decorrere dalla medesima data le stazioni di trasferimento realizzate e gestite secondo quanto previsto dagli articoli 69 e 70 sono trasferite ai comuni e sono gestite in forma associata all'interno dell'ambito unico previsto dal comma 2. 9. La convenzione di cui al comma 2 stabilisce altresì le modalità con cui i comuni provvedono allo smaltimento delle scorie prodotte dall'impianto di trattamento e smaltimento con recupero energetico nelle discariche esistenti in misura proporzionale ai rifiuti urbani prodotti sul proprio territorio al netto delle raccolte differenziate

 Aggiornato il 25 ottobre 2005